M. MIURA KARATE GENOVA
Dojo ligure aderente alla federazione Shotokan Karate International Italia diretta dal Shihan Masaru Miura
Schede di approfondimento del
Glossario delle arti marziali
- Ainu -
Il popolo bianco del Giappone.
Gli Ainu ("uomini"), sono una popolazione abitante l'isola di Hokkaido nel nord del Giappone ( un tempo chiamata Ezo, in giapponese Isola dei selvaggi ), le isole Curili e in piccola parte, l'isola russa di Sachalin e le coste del continente, caratterizzati fino a pochi anni da una società a struttura tribale. Attualmente gli Ainu propriamente detti sono circa 15.000, ma le stime variano fino a 50.000 se si tiene conto dei sanguemisto. In ognuno di questi territori si parlava un dialetto Ainu diverso. Attualmente però la ricca diversità linguistica è completamente scomparsa (le lingue Ainu continentali parlate in Russia sono estinte dagli inizi del secolo scorso, mentre l'ultimo parlante madrelingua dell'Ainu di Sakhalin è morto nel 1994). Sopravvivono unicamente gli idiomi delle Curili e del Giappone.
Gli Ainu non stati assorbiti dalla cultura nipponica e vivono nei kotan, villaggi un
tempo ad organizzazione tribale presenti soprattutto lungo le coste o nelle valli fluviali
dell'isola di Hokkaido. A capo della comunità vi è il kotankorokur, che viene
scelto in base alle sue particolari abilità nella caccia e nella pesca o per la
distinta provenienza familiare. Al capo villaggio spetta il compito di far rispettare le
leggi della tribù tramandate oralmente, sovrintendere alle celebrazioni religiose e
guidare in generale la comunità.
Le famiglie sono di tipo nucleare,
simili cioè a quelle del mondo occidentale. Secondo la tradizione, sia maschi che
femmine diventano adulti verso i 12-15 anni, a seguito di una particolare cerimonia.
Dopo di essa i ragazzi cominciavano a vestire l'abito tradizionale (kaparamip) e a farsi
crescere la barba, simbolo di saggezza e virilità. Le ragazze invece si tatuavano
mani, braccia e labbra come segno di prestigio sociale. Una volta terminata l'operazione,
le donne erano considerate pronte al matrimonio.
Il popolo Ainu considera le cose utili o a loro sconosciute come fossero dei. Nella vita quotidiana essi pregano o celebrano riti per gli dei. Gli Ainu praticano una religione di tipo animistico che vede in ogni oggetto, animale o fenomeno atmosferico la presenza di un dio. Essi si affidano ad un nutritissimo pantheon di dei che influiscono positivamente o negativamente su ogni ambito della vita umana. Particolarmente importante è l'adorazione dell'orso, animale-simbolo di questo gruppo etnico. Le cerimonie tradizionali più importanti riguardano la caccia, la pesca e i riti iniziatici dei giovani. Gli dei, nonostante incanalino il loro potere negli elementi della natura, vivono in un altro universo simile a quello degli uomini. Essi si dividono in dei pesanti e dei leggeri, cioè dei più importanti e meno importanti. Gli uomini invece vivono nel Moshur, la terra che noi tutti conosciamo. Come già accennato precedentemente il culto centrale e quello dell'orso, culto che prevede il sacrificio annuale di un orso durante una cerimonia di propiziazione. La festa dell'orso ha luogo in dicembre e si chiama Kamui Omante. In quel periodo la divintà scenderebbe sulla terra e sarebbe ascoltata dagli uomini, lasciando loro diversi doni, e ritornerebbe poi nel mondo divino. Essi offrono agli dei gli Inau dei bastoncini rituali, di foggia diversa a seconda delle divinità e sono generalmente scolpiti nel legno del sacro salice.
un raro esempio di lingua Ainu
La maggior parte della storia e della tradizione degli ainu è tramandata dalla prosa narrativa e dall'epica. Le liriche e le canzoni sono melodie costituite da sole due o tre note diverse e in molti casi imitano il verso degli animali o il canto degli uccelli. Il loro vocabolario (non conoscono ancora la scrittura) non supera le 1000 parole, e sono quasi tutte composte unicamente da facili bisillabe palatali e dentali. Con queste non riescono a esprimere nè il passato nè il futuro, non conoscono verbi e sostantivi, indifferenti al numero e alla persona usano un solo pronome. Sebbene sia tipologicamente simile per alcuni aspetti al giapponese la lingua ainu è ritenuta una lingua isolata senza relazioni conosciute con le altre lingue. La lingua ainu è una lingua a rischio. Nella città di Nibutani dove vivono molti dei parlanti nativi rimasti, ci sono solo 100 parlanti di cui solo 15 usavano la lingua quotidianamente alla fine degli anni '80. In tutta Hokkaido, ci sono circa 1.000 parlanti nativi oltre i 30 anni. La lingua ainu utilizza una sintassi del tipo Soggetto Oggetto Verbo in cui soggetto e oggetto sono di solito evidenziati da suffissi. I sostantivi possono riunirsi per modificarsi; la testa va alla fine. I verbi, che possono essere transitivi o intransitivi, accettano affissi derivazionali. Ufficialmente la lingua ainu si scrive attraverso una versione modificata del sillabario giapponese katakana. Esiste anche una trascrizione latina. Gli Ainu hanno una ricca tradizione orale di saghe epiche chiamate Yukar, che contengono un gran numero di arcaicismi grammaticali e lessicali.
Le origini degli Ainu sono tuttora avvolte dal più fitto mistero. Gli antichi scritti sacri dello scintoismo, il Kojiki ed il Nihonshoki narrano che Susanoo, kami del vento e della tempesta, rifiutato l'incarico affidatogli dal padre Izanagi di governare i mari, andò a lamentarsi dalla sorella Amaterasu, personificazione del Sole, che governava le Pianure dell'Alto Cielo, una sorta di paradiso, luogo di origine e di residenza degli innumerevoli kami. Qui, per aver distrutto le risaie di Amaterasu, insozzato la sala dei banchetti delle divinità con i propri escrementi ed aver scorticato contropelo il sacro cavallo della sorella, fu scacciato e condannato a vivere tra gli uomini. Sulla Terra egli ed i suoi numerosi discendenti conobbero molte donne dalle quali nacquero diversi personaggi che spartirono tra loro la terra di Yamato, mantenendo una situazione di continuo conflitto tra i diversi feudi. Tempo dopo Amaterasu decise di unificare e pacificare l'arcipelago dai suoi discendenti, mandando suo nipote Ninigi a compiere l'impresa. Uno dei figli di costui, Jinmu, dall'isola di Kyushu da dove proveniva si diresse verso il Giappone Centrale, sottomettendo chi della numerosa progenie di Susanoo riconosceva la sua supremazia e uccidendo senza pietà i signori delle terre che si ribellavano alla sua avanzata. In poco tempo il condottiero riuscirà a sottomettere una buona parte del paese, divenendo il primo imperatore della dinastia dei Tenno. Alcuni individui (tra cui dei capi locali sia ribelli che più docili), incontrati da Jinmu nelle parti dei sacri testi dedicate alla sua opera di conquista, sono dotati della coda, una curiosa caratteristica attribuita anche alle orde di rozzi cavernicoli brutalmente sterminati nei pressi di Osaka e di Ise. Si potrebbe dunque identificare questi feroci barbari con i membri delle tribù Ainu preistoriche che furono decimati o spinti sempre più a nord nel corso dei secoli, e gli appartenenti alla stirpe del Sole che l'autore descrive con la coda con i frutti delle numerose unioni miste realmente avvenute che contribuirono ad aumentare il numero degli antenati dei Giapponesi e contribuendo alla loro vittoria sugli indigeni.
La teoria profana più accreditata sulla loro origine ipotizza che gli antenati degli Ainu, in tempi remoti e per ragioni oscure, si siano separati dal ceppo originario forse proveniente dalla Siberia e siano giunti tra il XII-XI millennio a.C. nell'Arcipelago Giapponese, passando per Sachalin e le Isole Curili, sviluppando nei secoli la cultura di tipo Jomon (il cui significato letterale ?"a cordicella"; infatti gli Ainu disseminarono la loro terra di siti in cui erano conservati dei caratteristici vasi con decorazioni a zig-zag, da cui quel periodo di storia giapponese prese il nome). La teoria della provenienza continentale degli Ainu sembra confermata dal fatto che la parola Ainu che indica il mare di Ochotsk sia Makun-rep, che significa "mare lasciato indietro, mare antico". In realt?non è certo se le popolazioni del periodo Jomon fossero davvero gli avi degli attuali Ainu, ma finchè questa supposizione non verrà completamente smentita bisognerà considerarla come la più attendibile e probabile, perchè essa spiegherebbe in modo logico l'ampia presenza dei "Barbari del Nord" e la loro distribuzione in tutto il Giappone prima del loro sistematico sterminio perpetrato dai nuovi invasori, da cui discendono i Giapponesi attuali. La presenza degli Ainu in tempi remoti su tutta la superficie dell'Arcipelago è testimoniata dalla presenza di moltissimi toponimi moderni che in giapponese hanno un significato assurdo o senza senso, ma più che appropriati se riesaminati nel quadro linguistico e culturale Ainu. Quando i Giapponesi infatti presero definitivo possesso delle terre del Sol Levante, non rinominarono i nomi di luogo precedentemente utilizzati, ma, con l'avvento della scrittura, gli attribuirono degli ideogrammi che corrispondevano ai suoni dei nomi da scrivere, pur avendo spesso significati completamente diversi. Un chiaro esempio che spicca tra i tanti ateji ("ideogrammi appiccicati dopo") è quello del monte Fuji, che in giapponese può essere scritto con due ideogrammi che possono significare "non-due" (cio?l'ineguagliabile) o "non-morte (cioè l'immortale), ma che in genere viene trascritto con i due caratteri di ricchezza e samurai. Nella religione Ainu invece, Fuchi o Huchi era il nome della dea del fuoco, nome più che appropriato dunque per un vulcano. Altri studiosi hanno invece osservato, partendo dal fatto che gli Ainu preferivano battezzare i corsi d'acqua piuttosto che le montagne, che il termine push, che significa "sorgere violentemente" riferito all'impetuoso torrente Fujisawa, avrebbe potuto mutarsi in Fuzi, l'antico nome giapponese del monte.
Quando ancora la dinastia del Trono del Crisantemo governava soltanto quella che oggi è la provincia di Yamato e fino al XVII secolo, gli Ainu erano visti con timore e vennero combattuti in uno stato di guerra continua per millenni, venendo quasi sempre sconfitti dalla superiorità bellica del nemico (gli Ainu non conoscevano il ferro) e man mano esiliati nelle foreste delle terre settentrionali, uccisi o convertiti agli usi civili dei Giapponesi di un tempo. Solo nell'era moderna il governo giapponese ha incominciato ad intraprendere politiche di protezione verso questa ormai minoranza nel territorio, ma gli Ainu e la loro lingua sembra stiano per scomparire, ad eccezione di quelli che vengono esibiti ad uso e consumo dei turisti.
Sebbene il governo avesse dichiarato di voler proteggere gli Ainu e la loro cultura ponendoli sotto la protezione imperiale, in realtà li incoraggiò in ogni modo a rinnegare la propria identità culturale. Nel 1899 un'apposita legge regolò definitivamente i rapporti fra Ainu e Giapponesi: a ciascuna famiglia vennero assegnati un pezzo di terra, sementi ed attrezzi per l'agricoltura, e gli indigeni furono cos?costretti a diventare contadini. Il vecchio sistema di vita basato su caccia, pesca e raccolta, che aveva una stretto rapporto con la religione, iniziÒ rapidamente a declinare. Agli inizi del Novecento gli Ainu vivevano in condizioni spaventose: i fieri indigeni dell'Hokkaido conducevano una vita seminomade, moltissimi erano affetti da tubercolosi, sifilide, tracoma, ed altrettanti erano alcoolizzati. Anche la lingua ainu era ovviamente contrastata: i bambini venivano educati in giapponese in un sistema di scuole separate che era stato creato nel 1901. Questo particolare sistema scolastico era regolamentato in modo rigido e chiaramente discriminatorio: i bambini ainu ed i bambini giapponesi studiavano separatamente; lo studio della letteratura nipponica era considerato prioritario; i bambini ainu venivano incoraggiati ad abbandonare le proprie tradizioni, che erano derise e considerate inferiori. Il sistema delle scuole separate restò in vigore fino al 1937. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale iniziò lo sfruttamento degli Ainu per fini turistici: furono perciò costruiti dei villaggi, organizzati secondo l'antico sistema del kotan (una decina di famiglie riunite), per poter mostrare ai turisti americani e giapponesi come viveva "un popolo incontaminato rimasto fermo all'alba della storia". Gli Ainu divennero così personaggi da etnoshow, clowns del passato che dovevano dare un tocco "etnico" alle foto da mostrare agli amici ed ai colleghi di lavoro. A lungo andare, però, anche il turismo contribuì a far crescere l'interesse per gli aborigeni sia in Giappone che all'estero. Agli inizi degli anni Settanta molti antropologi ed etnologi giapponesi cominciarono a studiare con passione i costumi, la cultura e la lingua degli antichi abitanti dell'Hokkaido. Gli Ainu passarono cos?da una sorta di vergogna per le proprie tradizioni ad una riscoperta orgogliosa e polemica. Nel 1969 fu celebrata la prima cerimonia commemorativa in onore di Shakushain, il mitico eroe della resistenza antinipponica vissuto nel diciassettesimo secolo. Il 1973 vide la nascita del primo giornale ainu, il foglio d'opinione Anutari Ainu (Siamo esseri umani), che mirava ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sui problemi della minoranza. Il mensile, che tre anni dopo fu costretto a cessare le pubblicazioni, aveva cercato anche di aprire un dibattito fra i giovani ainu sulla riscoperta dell' identità etnica. La prima metà degli anni Settanta fu caratterizzata anche dalla nascita di alcuni movimenti radicali che volevano colpire i simboli del colonialismo nipponico. Nell'agosto del 1972 alcuni giovani attivisti ainu inscenarono una violenta manifestazione davanti all'Universit?di Sapporo per protestare contro la Società Antropologica Giapponese: non volevano più essere oggetto di dotte misurazioni antropometriche. Fu anche lanciata una bomba artigianale che danneggiò seriamente il dipartimento universitario. Negli stessi anni ebbero luogo alcuni attentati - bombe contro uffici e monumenti, l'aggressione del sindaco di Shiraoi - ad opera di giovani intellettuali giapponesi che militavano nell'estrema sinistra e simpatizzavano per la causa ainu. L'opinione pubblica ne fu profondamente scossa: nella paura che stesse per nascere un vero e proprio movimento autonomista, i circoli di autocoscienza etnica cominciarono ad essere guardati con sospetto e sorvegliati dalla polizia. Nonostante l'accresciuto rilievo internazionale degli Ainu, il Giappone rifiuta ancora di riconoscerli come popolo indigeno.
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